La piramide innevata del Täschhorn con le sue tre pareti e tre creste (visibili solo parzialmente da Est) rappresenta una delle vette più imponenti della catena dei Mischabel. Da Saas Fee a causa di un effetto ottico la montagna appare simile ad un’anticima.
Il fianco Nordest ha modificato leggermente la sua struttura in seguito allo scioglimento della neve. In precedenza la frastagliata dorsale del ghiacciaio giungeva, come ancora oggi quella del Dom, fino alla luminosa sommità della montagna. Nel 1862, quattro anni dopo aver scalato il Dom, il Rev. John Llewellyn Davies tornò sulla scena del suo trionfo insieme al Rev. John W Hayward, e si fece guidare di nuovo da Johann Zumtaugwald a cui si aggregò un suo parente, Stephan.
Sembra che l’ascensione, una via sopra la Fest-Kin Lücke, fosse stata progettata dopo la scalata del Dom e risulta sia stata fatta con poche cerimonie, come si arguisce dalla concisa ma compiaciuta annotazione contenuta nel Führerbuch di Johann Zumtaugwald. Lungo il fianco Nordovest si percorre ancora attualmente la via usuale da Randa per la Domhütte. Essa è tuttavia meno frequentata da quando (1966) la sezione del SAC di Ginevra ha fatto istallare un bivacco sulle rocce del Mischabeljoch, il quale è sostenuto da assi metalliche a mo’ di palafitta.
Da allora viene preferita la cresta Sudest (una via nuova aperta dall’inglese James Jackson con le guide di Grindelwald Cristian Almer e Ulrich Almer nel 1876).
La costruzione di una strada da Täsch alla Täschalp superiore ha probabilmente contribuito a ciò. Certo da qui sono necessarie ancora 5 ore buone per giungere al Mischabeljoch (senza passare per la Täschhütte), tuttavia è questo l’accesso più vantaggioso e più facile.
Il 1876 vide anche la prima ascensione della parete Est (per il costone diretto alla cima) dal Rev. F. T. Wethered e da P. Watson con le guide Alexander Burgener e Benedict Venetz.
La Teufelsgrat («Cresta del Diavolo») la cresta Sudovest lunga 1,8 chilometri si annovera fra le creste più famose delle Alpi Vallesi.
La sua dorsale contrariamente alle altre non è costellata da una serie di torri aguzze.
Questa grande via fu scalata per la prima volta il 18 luglio 1887 da Albert Frederick Mummery e da sua moglie, guidati dall’impetuoso Alexander Burgener e da Joseph Andenmatten.Una prima ripetizione particolarmente degna di nota ebbe luogo il 4 agosto 1922, quando la cresta fu scalata in solitaria per la prima volta (con foschia fitta) dal meccanico viennese Alfred Hereschovsky. La cresta Nord (scalata per la prima volta nel 1878) entra nel contesto come parte della traversata al Dom. I 600 metri che portano giù al Domjoch non sono eccessivamente difficili ma, come per la cresta Sud del Dom, diventano estremamente rischiosi se ghiacciati e in tal caso richiedono due o tre volte il tempo normale registrato sulle topoguide.
Chi desidera scalare la parete Sud deve essere abile sia su roccia sia su ghiaccio. Non si può evitare un paragone con la parete Nord del Cervino.
Le guide inglesi la paragonano a
«un cumulo di scorie quasi verticale, tenuto insieme bene o male da una
quantità variabile di neve o ghiaccio che salda le fessure». Questa descrizione
le rende probabilmente una cattivo sevizio; tuttavia, tutti gli specialisti
confermano che la parete è estremamente pericolosa. Uno dei migliori scalatori
dell’area, Franz Lochmatter di St. Nikolaus, allora solo
diciannovenne, guidò la prima ascensione l’11 agosto 1906. Questa
scalata si tramutò in una delle più epiche avventure della storia
dell’alpinismo. Vi furono coinvolti il fratello di Franz, Josef,
e il loro cliente abituale Valentine John Eustace Ryan – uno dei team
guida/cliente di maggior successo di tutti i tempi. Gli altri componenti della
comitiva erano il trentenne Geoffrey
Winthrop Young, il
più vecchio del gruppo, e Josef Knubel, un team altrettanto famoso. Fu Geoffrey
Winthrop Young a suggerire la scalata e lui la descrisse con tipica
erudizione in un memorabile capitolo del suo libro On High Hills.
I cinque scalatori, in ottima forma e molto decisi, fin dall’inizio si ritrovano tutti quanti impegnati su una via inaspettatamente pericolosa, che offriva poche possibilità di assicurarsi in modo affidabile: «Guardai giù e osservai il prolungamento mortale del precipizio che scendeva con le sue cornicette strette e innevate, sporgenti una sull’altra…e mi resi conto in un lampo di cosa doveva significare ripetere questa via in discesa. Da ore…arrampicavamo consapevoli dei rischi che ognuno di noi stava correndo…lo scivolone di uno di noi avrebbe messo in pericolo tutti gli altri».
Continuarono sempre più impegnati su terreno
misto friabile e senza protezione, finché proprio sotto la cima, mentre turbini
di neve battevano le loro facce si trovarono di fronte a un enorme balzo
roccioso. Legate insieme le corde, Franz Lochmatter affrontò per
primo l’ostacolo con uno sforzo sovrumano, seguì Josef Lochmatter e poi,
sia Valentine Ryan che Geoffrey Winthrop Young, cercando di seguire, fecero un volo a pendolo e solo con le manovre
più disperate riuscirono a raggiungere le due guide.
Infine Josef Knubel seguì il balzo roccioso trasportando tre sacchi e diverse piccozze. Sulla cima Young chiese a Lochmatter: « Franz, hai mai fatto qualcosa di più difficile?». «No» disse pensoso «Più di così è impossibile».
Trentasette anni più tardi (1943)
la scalata fu ripetuta dalla squadra svizzera di George De Rham, Alfred
Tissierres, Gabriel Chevalley e André Roch. Questa cordata
usufruì di un po’ di sicurezza in più, grazie all’uso dei chiodi da roccia,
tuttavia impiegò pressappoco lo stesso tempo dei prima salitori. George De Rham, che condusse il tratto cruciale
usando quattro chiodi, affermò: «Perfino con tutti i mezzi della tecnica
moderna, chiodi, moschettoni e scarponi di gomma, mi è parsa eccezionalmente
impegnativa».
Raramente si incontrano condizioni così favorevoli come accadde agli austriaci Erich Vanis e Hans Clival nell’estate del 1956. Costoro riuscirono, mezzo secolo dopo la prima scalata, nella sesta arrampicata su ghiaccio in 5 ore e mezzo (in precedenza erano state necessarie dalle 11 alle 16 ore). Non si verificò alcuna scarica di sassi. I viennesi si tennero sulla destra della via originale.
Se si rinuncia a pernottare presso il Mischabelbiwak,
si può attaccare direttamente la cresta Sudest, senza passare per il Mischabeljoch,
bensì per il Weingartengletscher all’altezza di circa 3700 metri
attraverso un canalone innevato e infine salendo in cresta fino a quota 4175
metri per una costola friabile.
Di solito ci si lega in cordata accanto alla
scala del bivacco. La roccia non è molto salda, ma non presenta difficoltà. La
via si sviluppa sulla destra della dorsale della cresta, lungo il versante di
Saas. Al di sopra del primo risalto si procede su alcune torri. Il gneiss
appare di colore rosso scuro alla luce del sole mattutino. Dopo aver lasciato
il bivacco da circa due ore viene raggiunta quota 4175: luogo di sosta («Frühstücksplatz»).
Da qui in poi il terreno non presenta alcun problema. Solo nel punto in
cui un ripido couloir innevato conduce verso il basso, bisogna fare attenzione
poiché la cresta di firn presenta sul versante di Saas delle cornici che
si estendono per lunghi tratti o lungo la cresta di firn o a sinistra di essa lungo
il pendio innevato. Dalla forcella al termine della cresta di firn si innalza
la vetta. Chi non ha impiegato fino a qui più di tre ore e mezza è a buon punto
sulla tabella di marcia. Se le condizioni sono ottimali l’ultimo tratto è
percorribile in mezz’ora; esso offre una fantastica scalata su roccia
prevalentemente buona al di sopra del Feegletscher dai crepacci che
rilucono di blu e al di sopra delle valli.
Dalla cima si può scegliere se tornare indietro
scendendo lungo il Kingletscher o continuare lungo l’alta cresta che si
unisce al Dom per completare una delle più belle traversate ad alta
quota delle Alpi. Questa straordinaria scalata fu fatta per la prima
volta (in direzione Nord-Sud, la più difficile) il 26 luglio 1894
da Robert Corry ed Edmund Johnstone Garwood, con le guide César
Knubel e Roman Imboden, i quali impiegarono quindici ore dalla Domhütte
a Randa.
La prima traversata Sud-Nord fu
fatta l’anno seguente (1895) da Owen Glynne Jones con Elias
Furrer.